Google abbatte i siti clonati: il nuovo business degli ‘sciacalli digitali’ che comprano domini in crisi

Crollo del traffico dopo gli update Google? Attenzione agli “sciacalli digitali”: comprano domini in crisi, li snaturano e li bruciano in poche settimane.

23 ottobre 2025 12:39
Google abbatte i siti clonati: il nuovo business degli ‘sciacalli digitali’ che comprano domini in crisi -
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Negli ultimi mesi, molti editori hanno visto calare drasticamente le visite dei propri siti a causa degli aggiornamenti di Google. Un fenomeno che, come spesso accade, ha generato incertezza, frustrazione e – in alcuni casi – mosse affrettate. In questo contesto di difficoltà, diverse società si stanno muovendo come veri e propri “sciacalli digitali”: acquistano domini in crisi, li trasformano in macchine da click e li sfruttano godendo dell'autorevolezza pregressa del dominio.

Il “gioco” dei siti rivenduti e snaturati

Lo schema è sempre lo stesso: un piccolo o medio editore, scoraggiato dal crollo del traffico, decide di vendere il proprio sito per monetizzare almeno un po’. L’acquirente – spesso un’azienda specializzata in traffico artificiale – cambia completamente il template, pubblica articoli acchiappaclick, introduce notifiche push invadenti e strategie di engagement aggressive.

Per qualche settimana o mese, i numeri sembrano decollare. Poi Google interviene: il sito perde visibilità, finisce ai margini della SERP o viene praticamente azzerato. A quel punto il dominio è bruciato.

Il falso mito del “clone”: un nuovo dominio non è una nuova vita

Molti editori, convinti di essere più furbi del sistema, provano allora una strada alternativa: vendono il vecchio dominio e lanciano un sito “clone”, identico nei contenuti e nella struttura, ma con un nuovo nome e indirizzo.

Sembra una ripartenza intelligente, ma in realtà è un passo falso. Google non guarda solo ai contenuti, ma all’intera storia di un dominio: la sua reputazione, i link in ingresso, la costanza delle pubblicazioni, i segnali di qualità. Tutto questo si perde con un nuovo dominio.

Inoltre, replicare testi, categorie e impostazioni rischia di essere interpretato come duplicazione di contenuti, con conseguente penalizzazione anche per il nuovo sito. Il risultato? Si parte da zero, ma con lo svantaggio di aver già insospettito l’algoritmo.

E attenzione: non è vero che cambiare solo l’estensione – ad esempio da nomesito.it a nomesito.com – risolve il problema. Per Google si tratta comunque di un nuovo dominio, con una nuova identità da valutare da capo. È un po’ come traslocare in una casa identica alla precedente, ma in un altro quartiere: all’inizio i tuoi amici non ti trovano più, il postino consegna la posta al vecchio indirizzo e devi ricostruire tutte le relazioni da zero. Lo stesso accade al tuo sito: perdi la rete di fiducia costruita negli anni e devi riconquistare ogni singolo segnale di autorevolezza.

Con Google perdi tutto: backlink, autorevolezza e posizionamento

Con un sito clone, per Google parti da zero. Non è solo una questione di contenuti duplicati — anche se quello può essere un problema — ma di tutto ciò che c’è dietro: backlink, autorevolezza, posizionamento, storico del dominio, fiducia dell’algoritmo. Tutto questo viene perso.

Il vecchio dominio, nel frattempo, resta indicizzato meglio sia su Google Search, sia, molto spesso, su Google News e Discover. Chi compra il dominio approfitta di questo vantaggio, sfruttando la tua autorevolezza, i tuoi contenuti e persino il tuo brand per continuare a ottenere visibilità. In pratica, gli stai consegnando anni di lavoro e risultati.

Sui Social il danno è mitigato, ma non assente

Nel caso dei social, se si è abili nel gestire la transizione e nel “mascherare” il cambio di dominio, le conseguenze possono essere mitigate. Gli utenti che già ti seguono potrebbero continuare a interagire con i tuoi post e non notare subito la variazione dell’URL.

Tuttavia, anche qui, il nuovo dominio perde parte della rilevanza accumulata: le condivisioni pregresse, le anteprime salvate nei post e i dati collegati al vecchio dominio non sono trasferibili. Il risultato è un’attenuazione del potere virale dei contenuti, con un impatto che, pur non essendo devastante come su Google, si fa sentire nel tempo.

Pubblicità e monetizzazione: lo storico è fondamentale

Sul fronte pubblicitario, invece, il disastro è quasi inevitabile. Le piattaforme programmatiche – ovvero tutti i network pubblicitari collegati al tuo sito web – si basano su uno storico di performance e affidabilità del dominio per approvarne la monetizzazione e valutarne il potenziale.

Un nuovo dominio, anche se clone, non dispone di alcuno storico, e questo si traduce in un calo immediato della redditività. Gli algoritmi di ottimizzazione del rendimento non hanno dati su cui basarsi, e finché il dominio non dimostra nel tempo di essere stabile, pulito e conforme alle policy, i ricavi restano penalizzati.

A meno che il dominio precedente non fosse già stato bannato, il passaggio non conviene mai: non si riesce quasi mai a scongiurare il danno, e la nuova partenza finisce per bruciare più opportunità di quante ne offra.

Costruire (bene) è sempre meglio che ricominciare da capo

Invece di abbandonare un sito che ha perso traffico, la soluzione più saggia è lavorare sulla qualità, sulla struttura e sull’esperienza dell’utente. Un dominio con anni di storico vale molto più di un progetto nuovo di zecca: basta sapere dove intervenire per rimetterlo in carreggiata.

Spesso, piccole azioni come migliorare la velocità di caricamento, riorganizzare i contenuti o ottimizzare la pubblicità fanno la differenza tra un sito in crisi e uno che torna a crescere.

eADV e Webmaster360: la via “pulita” per crescere

In eADV crediamo che gli editori debbano avere strumenti concreti per crescere in modo sostenibile, senza ricorrere a scorciatoie che rischiano di compromettere il lavoro di anni.

Per questo, insieme al nostro partner tecnologico Tagmood, mettiamo a disposizione Webmaster360, una piattaforma editoriale all in one che offre tutti i tool indispensabili per gestire, ottimizzare e far crescere il proprio sito in maniera “pulita” e coerente.

Dalla gestione SEO all’analisi dei contenuti, dal monitoraggio delle performance fino agli strumenti per spingere il traffico in modo naturale e sicuro, Webmaster360 è pensato per aiutare gli editori a riprendersi il controllo e a far fruttare i propri progetti senza rischiare di bruciarli.

La soluzione è consolidare ciò che già esiste, migliorarlo e renderlo più forte, con strumenti e strategie sostenibili.

Chi saprà resistere alla tentazione delle scorciatoie, puntando invece sulla qualità e sulla costruzione di valore nel tempo, sarà pronto non solo a superare questa fase, ma anche a cogliere le nuove opportunità che Google – e il web – riservano a chi lavora bene.

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