La verità dietro il crollo degli editori: l’UE avvia un’indagine su Google e chiarisce perché il traffico è precipitato
L’UE apre un’indagine formale su Google dopo il crollo del traffico degli editori. Ecco cosa sta succedendo davvero, perché non è colpa degli editori né della pubblicità e cosa aspettarsi nei prossimi mesi.
Negli ultimi mesi, sempre più editori ci hanno contattato per un fenomeno preoccupante: un crollo repentino del traffico proveniente da Google News, Discover e dalla Ricerca tradizionale.
Storie molto simili:
visibilità che sparisce da un giorno all’altro,
traffico azzerato su Discover,
articoli ignorati nella sezione News,
impression crollate del 70–90%.
Il tutto in coincidenza con due aggiornamenti critici di Google:
June 2025 Core Update
August 2025 Spam Update
Molti editori, comprensibilmente disorientati, hanno cercato un colpevole.
Alcuni hanno ipotizzato che la causa potesse essere la pubblicità — o addirittura i servizi di monetizzazione come eADV.
Oggi possiamo dirlo con assoluta certezza:
📌 Non è stata la pubblicità.
Non è stato eADV.
Non è stato alcun tag, script o formato pubblicitario.
La vera causa viene da tutt’altra parte.
E finalmente è nero su bianco: la Commissione Europea ha aperto un’indagine formale su Google.
🇪🇺 L’Unione Europea accusa Google: “Retrocede i contenuti degli editori”
Il 13 novembre 2025 la Commissione Europea ha pubblicato un comunicato ufficiale che rappresenta un punto di svolta per il settore.
Secondo Bruxelles, Google:
“sta retrocedendo i siti e i contenuti degli editori quando includono contenuti provenienti da partner commerciali.”
(Fonte: IP_25_2675)
Una frase pesantissima, perché descrive un comportamento sistematico, non un evento isolato.
La Commissione aggiunge anche:
Questa politica ha un impatto diretto su modalità legittime con cui gli editori monetizzano i propri contenuti.
E ancora:
Potrebbe essere compromessa la libertà degli editori di fare impresa, innovare e collaborare con fornitori di contenuti.
Esattamente ciò che gli editori europei — Italia compresa — stanno vivendo.
🧩 Le cause del crollo: ciò che avevamo intuito, e che ora trova conferma
Già nei giorni successivi agli update estivi avevamo analizzato i segnali e individuato tre possibili cause:
1) Site Reputation Abuse / contenuti percepiti come fuori tema
Google ha introdotto una policy durissima contro ciò che considera “parassitaggio di autorevolezza”, penalizzando siti che ospitano contenuti non coerenti con il focus editoriale.
2) Collaborazioni commerciali, guest post e articoli sponsorizzati
Una parte del mercato editoriale si basa — da sempre — anche su contenuti commerciali.
La policy di Google, però, tende a trattare questi casi come tentativi di manipolare il ranking.
La Commissione UE lo evidenzia apertamente.
3) Utilizzo dell’IA per supportare la produzione dei contenuti
Rewriting, sintesi, supporto alla redazione: pratiche ormai diffuse.
Google, però, considerava molti di questi contenuti come “non originali”.
Queste tre ipotesi sono perfettamente in linea con le criticità sollevate dalla Commissione Europea.
🏛️ L’indagine UE: Google potrebbe aver violato il DMA
Il punto centrale dell’indagine è il possibile mancato rispetto di un obbligo preciso imposto dal Digital Markets Act:
garantire agli editori condizioni eque
trasparenti
non discriminatorie
per l’accesso a Google Search.
La Commissione lo dice chiaramente:
Siamo preoccupati che Alphabet non stia applicando condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie agli editori nei risultati di ricerca.
— Teresa Ribera
E ancora:
La nostra indagine mira a proteggere la sostenibilità economica degli editori e il pluralismo dei media.
— Henna Virkkunen
Parole fortissime, che riconoscono l’impatto reale subìto dal mondo editoriale europeo.
🛡️ La replica di Google: “La nostra policy anti-spam è indispensabile”
Google ha risposto con un comunicato dal tono molto deciso.
Tre passaggi meritano particolare attenzione:
1️⃣ L’indagine UE sarebbe “sbagliata e infondata”
The investigation is misguided and without merit.
2️⃣ Google difende la sua anti-spam policy come elemento chiave di Search
Our anti-spam policy is essential to protect people from deceptive pay-for-play tactics.
3️⃣ Google sostiene che la policy combatte pratiche come il “parasite SEO”
E porta esempi estremi:
truffe, payday loans, contenuti di bassa qualità.
Il problema?
Questa stessa policy è stata applicata anche ai siti editoriali veri, generando retrocessioni di massa.
È proprio su questo punto che l’UE interviene: la policy potrebbe essere stata applicata troppo genericamente, senza distinguere tra spam e attività editoriali legittime.
📉 EADV e la pubblicità: nessuna correlazione con il crollo
Un chiarimento fondamentale per gli editori che utilizzano i nostri servizi di monetizzazione:
NESSUNA delle retrocessioni rilevate è stata causata dagli script pubblicitari.
NÉ da eADV.
La Commissione Europea non menziona in alcun modo:
ads,
SSP,
monetizzazione programmatic,
formati pubblicitari,
script di terze parti.
Il problema è esclusivamente legato a politiche algoritmiche di Google Search.
Anzi, nel comunicato UE si legge che l’impatto negativo riguarda:
un modo comune e legittimo per gli editori di monetizzare i loro siti.
Monetizzare è legittimo.
La politica di Google — dice l’UE — potrebbe aver colpito proprio questo.
EADV, come concessionaria, non ha alcun ruolo nell’algoritmo di Google.
Gli script pubblicitari non influenzano ranking, crawling, indexing o discoverability.
L’indagine UE lo conferma definitivamente.
🔮 Cosa può succedere ora: scenari per i prossimi 12 mesi
La Commissione UE ha tempo 12 mesi per concludere l’indagine.
Se Google fosse ritenuta inadempiente, le conseguenze potrebbero essere molto rilevanti:
correzioni immediate alla Site Reputation Abuse Policy
introduzione di regole specifiche per i contenuti editoriali
possibile ripristino della visibilità per i siti penalizzati
multe fino al 10–20% del fatturato globale
obblighi correttivi e vincoli algoritmici
È ragionevole aspettarsi, nei prossimi mesi, un alleggerimento delle penalizzazioni e una maggiore tutela dei siti informativi.
🤝 Gli editori non hanno colpe — e ora tutto è più chiaro
Per mesi, gli editori hanno provato a capire dove fosse l’errore:
pubblicità?
partner esterni?
script?
problemi tecnici?
Oggi abbiamo una risposta chiara:
non era un problema dei siti, e non era un problema dei partner pubblicitari.
Era (ed è) una policy algoritmica di Google.
Ora che la Commissione Europea è intervenuta, il settore ha finalmente una voce istituzionale che riconosce l’impatto subìto dagli editori.
Noi di eADV continueremo a:
monitorare la situazione,
interpretare ogni sviluppo,
supportare gli editori,
difendere la sostenibilità economica di chi produce informazione.
Perché il pluralismo dei media e la libertà di impresa non possono dipendere da un algoritmo opaco.